Dal lavoro alle tasse, dall'Europa alle riforme, Renzi fa un
bilancio del 2015 nella consueta conferenza stampa di fine anno. «Il
2015 è andato meglio del 2014. È andato meglio delle nostre previsioni
nel 2014: lo dice la realtà dei fatti», dice il presidente del Consiglio
aggiungendo che «il 2015 ha visto in alcune delle principali sfide un
segno che torna positivo».
Il premier porta alla conferenza persino delle slide "anti-gufi" con gli obiettivi raggiunti messi nero su bianco. Ogni slide è, di fatto divisa in due parti: in quella superiore campeggia il fumetto di un gufo con un messaggio di diffidenza o pessimismo; nella parte superiore viene riportato, in diretta corrispondenza all'argomento 'toccato' dal gufo, l'obiettivo raggiunto, secondo Renzi, dal suo governo. «Si diceva che l'Italia era in stagnazione perenne: se guardiamo dati vediamo che il segno più torna a crescere: era previsto lo 0,7% e siamo allo 0,8». «C'è ancora molto da fare, ma dove eravamo un anno e 8 mesi fa?». In Italia c'è un «indice di fiducia spaventosamente alto: quello dei consumatori è a quota 117,6 mentre un anno fa era a 97,4». Si tratta di «20 punti» di differenza e mostra un «paese che si sta rimettendo in moto». Tra una slide e l'altra Renzi annuncia anche che quello di capo del governo «sarà il mio ultimo ruolo pubblico come è naturale che sia». «Quando hai fato questo ruolo dopo lasci: per me dunque questo sarà l'ultimo incarico pubblico», ripete. E poi: «Se il 2015 è stato l'anno delle riforme, il 2016 sarà l'anno dei valori» prosegue, rimarcando che la legge di stabilità, che in molti criticano come «mance e mancette», invece «mette denaro» su settori come «scuola università, cultura, servizio civile». E a proposito della manovra Renzi sottolinea di dare «per scontato» che Bruxelles accolga le richieste italiane sulla flessibilità, perché l'Italia non solo «non chiede sconti», ma ha rispettato «tutte le regole» e «chiede che le regole Ue siano rispettate da tutti». «Rispettiamo tutte le regole e pretendiamo rispetto». «Per me i sondaggi non sono un problema, non mi interessano ma sono convinto che noi vinceremo alle prossime politiche del 2018 al primo turno», continua chiarendo di essere più interessato ora ai dati della grande distribuzione. E cioè quanto riescono a spendere in più gli italiani. In base ai sondaggi, ha poi ricordato, nel 2014 il Pd se la giocava con i 5 stelle ma poi i dem hanno toccato il 40,8% e i grillini sono rimasti al 20% dei sondaggi. «E non si dimentichi che ho preso un Pd che era al 25%», ha aggiunto. «A Roma le primarie non vorrei sbagliare ma credo siano state anticipate al 6 marzo, diciamo a marzo per non sbagliare», dice poi il premier. «Su Roma sono convinto che il Pd se la giocherà, nonostante ci sia una qualche responsabilità in quello che accaduto. E sono convinto che il prossimo sindaco farà meglio di quello andato via». «Questo tipo di elucubrazione che esponenti 5 stelle hanno avuto modo di esprimere, "hanno talmente paura che rinviano le elezionì", è un'allucinazione, una visione allucinogena. A Roma si va a votare nel 2016, intorno al 10 giugno si voterà per il prossimo sindaco». Con questo governo si registra la vittoria della politica contro il populismo per 4 a zero e il risultato, anche grazie alle riforme, come quelle elettorale e del Senato, è un paese solido e stabile, dice Renzi sottolineando l'importanza di essere passati da una legislatura «strascicata» che non andava avanti ad una in grado di fare le riforme e di eleggere il presidente della Repubblica. «Prendiamo atto - aggiunge poi - che parte delle persone che erano con noi, come Sel e Sinistra italiana, non vogliono più stare con noi: è una valutazione che compete loro». Ma, continua il premier, «se la sinistra» ci ripensa e «vuole partecipare alle primarie è benvenuta, altrimenti il Pd va con chi ci sta». A Cagliari, ha ricordato ad esempio Renzi, il Pd corre con Zedda e «nelle altre città se altri amici della coalizione vorranno partecipare alle primarie ne prenderemo atto: il Pd corre con chi ci sta». «Non non ci sarà nessun rimpasto» di governo. «Se ci sarà bisogno, come è naturale che sia» visto che «manca ancora qualche casella al governo, le copriremo, ma non ci sarà nessun rimpasto», dice poi. Il presidente del Consiglio affronta quindi il delicato caso banche: «Non c'è rischio sistemico, le banche italiane sono molto più solide» di tante banche europee e «non cambierei il sistema bancario con quello tedesco nemmeno sotto pagamento», assicura. «Chi ha subito danni o è stato truffato», e non sono «moltissime», deve sapere che lo Stato è dalla sua parte e noi faremo di tutto perché possa avere indietro quello che ha perso. Il premier ha poi aggiunto di non voler chiedere «deroghe» a Bruxelles sulle attuali regole. Rispondendo a una domanda sulla possibilità di quantificare i crediti deteriorati, si è limitato a ribadire che «non c'è rischio sistemico» e poi ha aggiunto: «Se ci sono questioni aperte le affronteremo senza chiedere alcuna deroga» all'Unione europea. «Le regole che siamo in grado di giocare le giocheremo, compreso il ricorso alla Corte di Giustizia se riterremo che ci siano state violazioni delle condizioni di gioco» per le banche italiane. «In Italia ci sono state troppe banche, anche di paese, e in un modello europeo le banche di paese ce la fanno meno. Se vogliamo dare una mano, bisogna avere coraggio di dire che c'è bisogno del decreto sulle banche popolari», prosegue, difendendo il lavoro del governo. I critici di oggi che attaccano l'esecutivo sul caso banche, «dov'erano quando si è trasformato in legge decreto sulle popolari?». Le pensioni. «Noi non tocchiamo le pensioni degli italiani», promette Renzi che aggiunge: «Ovviamente se ci saranno da fare degli interventi sulle pensioni d'oro saranno fatti dopo un lungo dibattito che sarà contraddistinto da grande trasparenza». Le tasse. «Non entro nel merito. È stato individuato un percorso Irpef, Irap, Ires e pensioni come asse di intervento ma non è serio dare adesso dettagli, perchè non sono definiti. La discussione vera sarà nell' estate 2016», risponde Renzi ad una domanda sul taglio delle tasse e scherza: «se Padoan sente che sto parlando di tagli delle tasse 2017 mi torna a Roma sconvolto. Con lui c'è una collaborazione significativa, a parte le questioni calcistiche, e doverosa: la solidità istituzione presuppone la solidità di governo». «Vorrei che riuscissimo a guardare ancora una volta i numeri: come spending 'lorda' l'Italia ha fatto una riduzione di 12,3 miliardi sulla revisione sui ministeri (poi magari sono stati messi su altri capitoli di spesa perchè si ritiene di dover investire sulla card per i 18enni), 5,4 miliardi sulle Regioni» anche grazie «al minore aumento del Ssn», «2 miliardi sulle Province, e 1,2 sui Comuni». La scuola. Qualche organizzazione sindacale ha messo in guardia i professori dicendo loro «vi deporteranno»: ora, «nessuno è stato deportato», ma quei professori precari, «sobillati da qualche genio, adesso non hanno il posto di lavoro a tempo indeterminato» perché non hanno fatto domanda «e questa è una cosa che mi fa molto male», dice il premier. E poi l'Europa, con le recenti tensioni Italia-Germania sul caso banche e sulla flessibilità. «L'Italia non dichiara la guerra al'Europa: noi chiediamo solo di far rispettare le regole a tutti. Chiediamo rispetto per l'Italia e chiediamo chiarezza», sottolinea. «Ho uno splendido rapporto personale con la cancelliera Merkel, ma io rappresento l'Italia e vorrei che la stampa prendesse atto che quando parla il premier italiano non è necessario scrivere costantemente che si sta lamentando dell'Ue. Se con la cancelliera Merkel discutiamo di linee della politica economica europea non stiamo attaccando l'Europa, la stiamo difendendo». Fino a qualche tempo fa l'Italia non «contava niente in politica estera, non toccavamo palla, non c'era sugli incontri sull'Iran: ora siamo in grado di stare a quei tavoli. A Vienna dove ci si riunisce per parlare Siria, a Roma di Libia», continua. Ringrazio il Presidente della Repubblica Napolitano per la prima parte dell'anno e Mattarella per la seconda parte, perché con loro il sistema paese ha fatto blocco comune sulle nomine internazionali». Impossibile non parlare del caso smog che tiene banco in questi giorni di ferie natalizie: «Non commento la strumentalizzazione dei morti che pare essere diventato uno sport a cui certe opposizioni ci stanno abituando», ribadisce Renzi in rifermento alle dichiarazioni di Beppe grillo. «Siamo passati da piove governo ladro a non piove governo killer», ma l'Italia «ha ridotto le emissioni ultimi 25 anni, non è merito governo Renzi, di almeno un quarto rispetto al 1990. Non tutti Paesi europei hanno fatto la stessa cosa». Le unioni civili. «Un tema che va depurato da tensioni di natura politica stretta. È un tema che divide - dice Renzi - anche dentro il Pd ci sono molte divisioni, e ce ne sono anche dentro FI. Ma io dico che dobbiamo portarle a casa, e che il 2016 non può che essere l'anno chiave». L'Eni. Il governo non pensa di ridurre ulteriormente la sua partecipazione in Eni. «Non immagino di dismettere altre quote»«Non credo che potremo privatizzare ancora aziende a dismisura», spiega il premier secondo il quale, invece, «c'è un sacco di patrimonio pubblico che va gestito meglio o valorizzato». Renzi quindi ammette come ci siano «alcune cose sulle quali non si è fatto abbastanza: sulle aziende partecipate, ad esempio». Anche se, spiega il premier, una loro fusione nell'immediato non porterà effetti sul bilancio dello Stato ma «può produrre un risparmio sulle bollette». «Rispetto alla questione della Rai, poche volte ho visto Cda con così tanti giornalisti, se c'è una cosa che questa maggioranza parlamentare ha fatto è stato di dare la Rai a persone esperte e competenti», molte delle quali «vengono dal mondo del giornalismo», continua Renzi toccando il tema della riforma della tv pubblica. Ma il premier lancia anche una stoccata alla categoria dei giornalisti: «Non credo che ci sia schiavitù o barbarie in Italia», risponde al presidente dell'Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, che aveva parlato di «schiavitù» da parte di alcuni editori. «La mia posizione sull'ordine dei giornalisti è nota: io sarei per abolirlo», sentenzia. «Non credo che sia all'ordine del giorno nel dibattito politico italiano. Non vedo un elemento di discussione sull'amnistia in Italia» e il tema «non è sul tavolo», dice inoltre il premier a fine conferenza.
Il premier porta alla conferenza persino delle slide "anti-gufi" con gli obiettivi raggiunti messi nero su bianco. Ogni slide è, di fatto divisa in due parti: in quella superiore campeggia il fumetto di un gufo con un messaggio di diffidenza o pessimismo; nella parte superiore viene riportato, in diretta corrispondenza all'argomento 'toccato' dal gufo, l'obiettivo raggiunto, secondo Renzi, dal suo governo. «Si diceva che l'Italia era in stagnazione perenne: se guardiamo dati vediamo che il segno più torna a crescere: era previsto lo 0,7% e siamo allo 0,8». «C'è ancora molto da fare, ma dove eravamo un anno e 8 mesi fa?». In Italia c'è un «indice di fiducia spaventosamente alto: quello dei consumatori è a quota 117,6 mentre un anno fa era a 97,4». Si tratta di «20 punti» di differenza e mostra un «paese che si sta rimettendo in moto». Tra una slide e l'altra Renzi annuncia anche che quello di capo del governo «sarà il mio ultimo ruolo pubblico come è naturale che sia». «Quando hai fato questo ruolo dopo lasci: per me dunque questo sarà l'ultimo incarico pubblico», ripete. E poi: «Se il 2015 è stato l'anno delle riforme, il 2016 sarà l'anno dei valori» prosegue, rimarcando che la legge di stabilità, che in molti criticano come «mance e mancette», invece «mette denaro» su settori come «scuola università, cultura, servizio civile». E a proposito della manovra Renzi sottolinea di dare «per scontato» che Bruxelles accolga le richieste italiane sulla flessibilità, perché l'Italia non solo «non chiede sconti», ma ha rispettato «tutte le regole» e «chiede che le regole Ue siano rispettate da tutti». «Rispettiamo tutte le regole e pretendiamo rispetto». «Per me i sondaggi non sono un problema, non mi interessano ma sono convinto che noi vinceremo alle prossime politiche del 2018 al primo turno», continua chiarendo di essere più interessato ora ai dati della grande distribuzione. E cioè quanto riescono a spendere in più gli italiani. In base ai sondaggi, ha poi ricordato, nel 2014 il Pd se la giocava con i 5 stelle ma poi i dem hanno toccato il 40,8% e i grillini sono rimasti al 20% dei sondaggi. «E non si dimentichi che ho preso un Pd che era al 25%», ha aggiunto. «A Roma le primarie non vorrei sbagliare ma credo siano state anticipate al 6 marzo, diciamo a marzo per non sbagliare», dice poi il premier. «Su Roma sono convinto che il Pd se la giocherà, nonostante ci sia una qualche responsabilità in quello che accaduto. E sono convinto che il prossimo sindaco farà meglio di quello andato via». «Questo tipo di elucubrazione che esponenti 5 stelle hanno avuto modo di esprimere, "hanno talmente paura che rinviano le elezionì", è un'allucinazione, una visione allucinogena. A Roma si va a votare nel 2016, intorno al 10 giugno si voterà per il prossimo sindaco». Con questo governo si registra la vittoria della politica contro il populismo per 4 a zero e il risultato, anche grazie alle riforme, come quelle elettorale e del Senato, è un paese solido e stabile, dice Renzi sottolineando l'importanza di essere passati da una legislatura «strascicata» che non andava avanti ad una in grado di fare le riforme e di eleggere il presidente della Repubblica. «Prendiamo atto - aggiunge poi - che parte delle persone che erano con noi, come Sel e Sinistra italiana, non vogliono più stare con noi: è una valutazione che compete loro». Ma, continua il premier, «se la sinistra» ci ripensa e «vuole partecipare alle primarie è benvenuta, altrimenti il Pd va con chi ci sta». A Cagliari, ha ricordato ad esempio Renzi, il Pd corre con Zedda e «nelle altre città se altri amici della coalizione vorranno partecipare alle primarie ne prenderemo atto: il Pd corre con chi ci sta». «Non non ci sarà nessun rimpasto» di governo. «Se ci sarà bisogno, come è naturale che sia» visto che «manca ancora qualche casella al governo, le copriremo, ma non ci sarà nessun rimpasto», dice poi. Il presidente del Consiglio affronta quindi il delicato caso banche: «Non c'è rischio sistemico, le banche italiane sono molto più solide» di tante banche europee e «non cambierei il sistema bancario con quello tedesco nemmeno sotto pagamento», assicura. «Chi ha subito danni o è stato truffato», e non sono «moltissime», deve sapere che lo Stato è dalla sua parte e noi faremo di tutto perché possa avere indietro quello che ha perso. Il premier ha poi aggiunto di non voler chiedere «deroghe» a Bruxelles sulle attuali regole. Rispondendo a una domanda sulla possibilità di quantificare i crediti deteriorati, si è limitato a ribadire che «non c'è rischio sistemico» e poi ha aggiunto: «Se ci sono questioni aperte le affronteremo senza chiedere alcuna deroga» all'Unione europea. «Le regole che siamo in grado di giocare le giocheremo, compreso il ricorso alla Corte di Giustizia se riterremo che ci siano state violazioni delle condizioni di gioco» per le banche italiane. «In Italia ci sono state troppe banche, anche di paese, e in un modello europeo le banche di paese ce la fanno meno. Se vogliamo dare una mano, bisogna avere coraggio di dire che c'è bisogno del decreto sulle banche popolari», prosegue, difendendo il lavoro del governo. I critici di oggi che attaccano l'esecutivo sul caso banche, «dov'erano quando si è trasformato in legge decreto sulle popolari?». Le pensioni. «Noi non tocchiamo le pensioni degli italiani», promette Renzi che aggiunge: «Ovviamente se ci saranno da fare degli interventi sulle pensioni d'oro saranno fatti dopo un lungo dibattito che sarà contraddistinto da grande trasparenza». Le tasse. «Non entro nel merito. È stato individuato un percorso Irpef, Irap, Ires e pensioni come asse di intervento ma non è serio dare adesso dettagli, perchè non sono definiti. La discussione vera sarà nell' estate 2016», risponde Renzi ad una domanda sul taglio delle tasse e scherza: «se Padoan sente che sto parlando di tagli delle tasse 2017 mi torna a Roma sconvolto. Con lui c'è una collaborazione significativa, a parte le questioni calcistiche, e doverosa: la solidità istituzione presuppone la solidità di governo». «Vorrei che riuscissimo a guardare ancora una volta i numeri: come spending 'lorda' l'Italia ha fatto una riduzione di 12,3 miliardi sulla revisione sui ministeri (poi magari sono stati messi su altri capitoli di spesa perchè si ritiene di dover investire sulla card per i 18enni), 5,4 miliardi sulle Regioni» anche grazie «al minore aumento del Ssn», «2 miliardi sulle Province, e 1,2 sui Comuni». La scuola. Qualche organizzazione sindacale ha messo in guardia i professori dicendo loro «vi deporteranno»: ora, «nessuno è stato deportato», ma quei professori precari, «sobillati da qualche genio, adesso non hanno il posto di lavoro a tempo indeterminato» perché non hanno fatto domanda «e questa è una cosa che mi fa molto male», dice il premier. E poi l'Europa, con le recenti tensioni Italia-Germania sul caso banche e sulla flessibilità. «L'Italia non dichiara la guerra al'Europa: noi chiediamo solo di far rispettare le regole a tutti. Chiediamo rispetto per l'Italia e chiediamo chiarezza», sottolinea. «Ho uno splendido rapporto personale con la cancelliera Merkel, ma io rappresento l'Italia e vorrei che la stampa prendesse atto che quando parla il premier italiano non è necessario scrivere costantemente che si sta lamentando dell'Ue. Se con la cancelliera Merkel discutiamo di linee della politica economica europea non stiamo attaccando l'Europa, la stiamo difendendo». Fino a qualche tempo fa l'Italia non «contava niente in politica estera, non toccavamo palla, non c'era sugli incontri sull'Iran: ora siamo in grado di stare a quei tavoli. A Vienna dove ci si riunisce per parlare Siria, a Roma di Libia», continua. Ringrazio il Presidente della Repubblica Napolitano per la prima parte dell'anno e Mattarella per la seconda parte, perché con loro il sistema paese ha fatto blocco comune sulle nomine internazionali». Impossibile non parlare del caso smog che tiene banco in questi giorni di ferie natalizie: «Non commento la strumentalizzazione dei morti che pare essere diventato uno sport a cui certe opposizioni ci stanno abituando», ribadisce Renzi in rifermento alle dichiarazioni di Beppe grillo. «Siamo passati da piove governo ladro a non piove governo killer», ma l'Italia «ha ridotto le emissioni ultimi 25 anni, non è merito governo Renzi, di almeno un quarto rispetto al 1990. Non tutti Paesi europei hanno fatto la stessa cosa». Le unioni civili. «Un tema che va depurato da tensioni di natura politica stretta. È un tema che divide - dice Renzi - anche dentro il Pd ci sono molte divisioni, e ce ne sono anche dentro FI. Ma io dico che dobbiamo portarle a casa, e che il 2016 non può che essere l'anno chiave». L'Eni. Il governo non pensa di ridurre ulteriormente la sua partecipazione in Eni. «Non immagino di dismettere altre quote»«Non credo che potremo privatizzare ancora aziende a dismisura», spiega il premier secondo il quale, invece, «c'è un sacco di patrimonio pubblico che va gestito meglio o valorizzato». Renzi quindi ammette come ci siano «alcune cose sulle quali non si è fatto abbastanza: sulle aziende partecipate, ad esempio». Anche se, spiega il premier, una loro fusione nell'immediato non porterà effetti sul bilancio dello Stato ma «può produrre un risparmio sulle bollette». «Rispetto alla questione della Rai, poche volte ho visto Cda con così tanti giornalisti, se c'è una cosa che questa maggioranza parlamentare ha fatto è stato di dare la Rai a persone esperte e competenti», molte delle quali «vengono dal mondo del giornalismo», continua Renzi toccando il tema della riforma della tv pubblica. Ma il premier lancia anche una stoccata alla categoria dei giornalisti: «Non credo che ci sia schiavitù o barbarie in Italia», risponde al presidente dell'Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, che aveva parlato di «schiavitù» da parte di alcuni editori. «La mia posizione sull'ordine dei giornalisti è nota: io sarei per abolirlo», sentenzia. «Non credo che sia all'ordine del giorno nel dibattito politico italiano. Non vedo un elemento di discussione sull'amnistia in Italia» e il tema «non è sul tavolo», dice inoltre il premier a fine conferenza.
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